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Anno 1950. Quattro giovani fratelli, Antonino, Carmelo, Giuseppe e Salvatore (Nino, Carmelo, Peppino e Totò), che sino a quel momento si erano sempre occupati di “campagna”, dunque contadini, intraprendenti, non rassegnati a preparare le valigie per trovare sbocchi lavorativi al Nord o in Germania, come allora facevano in tanti, desiderosi di avviare nuove attività nella propria terra alla quale erano, come contadini, fortemente legati, ottengono dal padre Giuseppe, l’appoggio economico ma anche morale a impiantare un mulino.

Non fu una decisione facile. Ne per il padre ne per i figli. I tempi erano duri e le risorse economiche molto limitate. Finanziamenti zero. Solo entusiasmo e tantissima voglia di fare. Quattro giovani molto speciali che non si arrendevano facilmente di fronte alle mille difficoltà. Sapevano fare tutto, zappare la terra e coltivarla; fare opere in muratura, in ferro, in legno, impianti elettrici e idraulici. Sapevano anche leggere e scrivere avendo frequentato la scuola elementare. Sapevano leggere soprattutto i tempi e avevano chiari i loro obiettivi. Solo con la campagna una famiglia di cinque figli non poteva vivere. Dimenticavo. Il quinto fratello era il sacerdote Don Paolo. Anche lui sostenitore delle iniziative, non solo morale ma anche materiale: in seminario aveva imparato come hobby a realizzare piccoli impianti elettrici e dunque l’elettricista in famiglia era molto comodo. L’idea del mulino. Le risorse economiche erano molto limitate ma questo non era per Antonino, Carmelo, Giuseppe e Salvatore un grosso problema.

Gran parte dei lavori li avrebbero realizzati loro quando in campagna non c’era niente da fare. Il primo mulino era con due enormi macine di pietra spinte da un motore diesel. Rimase in vita due anni. Creava dei problemi soprattutto il motore, molto rudimentale e richiedeva molta manutenzione ( settimanalmente si dovevano “martellare” le due grosse macine. Ma l’attività si era ormai avviata e avviata bene. Il mulino Ancona era diventato un marchio di qualità e di serietà. Si lavorava dalla mattina presto a sera tardi, in taluni periodi anche di notte. Si poteva tentare un nuovo mulino, più efficiente, con una maggiore produttività. Venne sostituito quel primo impianto con uno a cilindri a tre passaggi in verticale per ottenere farina integrale.

Un grande successo. Venivano a macinare pure dai paesi vicini, soprattutto da Castronovo. Il mugnaio era Carmelo. Al bisogno collaboravano gli altri fratelli quando erano liberi dai lavori di campagna. Nel 1962 l’impianto, un gioiellino della tecnologia di allora, venne accompagnato dal “Buratto” per separare la farina integrale dalla crusca ( operazione che prima di allora veniva fatta dalle massaie a casa con il “crivo” di seta). Nel frattempo veniva fabbricato il locale adiacente e installato l’oleificio. Era l’anno 1958. Ma questa è una altra storia.

I tempi mutano. Non c’è più tempo per pulire il grano, lavarlo e stenderlo nelle “tenne” nelle strade, allora con pochissime macchine. Sempre meno persone fanno il pane in casa. Il conto terzi si riduce sempre più. O si innova o si è perduti. Bisognava fare un altro grande sforzo: passare dal piccolo mulino conto terzi ad un grosso impianto per macinare grano in proprio e fornire l’utenza privata e i forni che nel frattempo diventavano sempre più numerosi. Era l’anno 1973. Viene realizzato un nuovo manufatto. Quello esistente in via Veneto, attuale sede.

Ovviamente, progettisti, carpentieri, muratori, idraulici ed elettricisti del nuovo manufatto erano sempre loro: Antonino, Carmelo, Giuseppe e Salvatore. Due piani per complessive 600 metri quadrati di superficie. Dai tre passaggi di macinazione si passa a un impianto più complesso, con otto passaggi di macinazione, un buratto e due semolatrici.

Anno 2006. Si richiedono nuovi interventi e adeguamenti alle normative sulla sicurezza. Il legno non garantisce più i livelli igienico-sanitari richiesti dalle normative vigenti. Si sostituiscono dunque gran parte delle macchine. Viene rifatta in toto la sezione di pulitura, vengono sostituite le macchine in legno, impiantati nuovi filtri per garantire emissioni di aria pulita, istallate le bilance automatiche per tenere sotto controllo la produzione oraria e viene installato un altro laminatoio per portare a 10 i passaggi di macinazione. Viene modificato radicalmente il diagramma di macinazione per adattarlo alle nuove macchine, ai nuovi grani e alle nuove esigenze del mercato. Si avvia il confezionamento. Infine si procede a una ristrutturazione dell’edificio. Si mantiene però la tradizione: solo e sempre grani duri selezionati e prodotti nelle contrade del nostro territorio: il granaio della Sicilia. Nel frattempo i quattro fratelli hanno via via passato il timone ai figli e ai nipoti. La storia continua. Il motto è sempre lo stesso: innovazione tecnologica nel rispetto della tradizione.